sabato 9 novembre 2019

LUNGOMARE DI SALERNO



Ormai è sempre più difficile pescare salmone selvatico, dato che lo stock dell'Atlantico è in estinzione e quello del Pacifico è in declino. 

Il salmone che finisce sulle nostre tavole è dunque quasi sempre salmone d'allevamento intensivo, nutrito con mangime contenente derivati animali, di maiali e d'altri pesci: per ottenere un kg di salmone ne servono almeno cinque di altri pesci, la qual cosa porta non solo ad una riduzione degli stock ittici, ma all'estinzione di molte specie.

Peraltro, i reflui di questi allevamenti non vengono mai lavati via e si lasciano semplicemente cadere attraverso le reti: il risultato sono migliaia di tonnellate di escrementi e rifiuti che si depositano nel fondale intorno agli allevamenti, i cui abitanti ne rimangono intossicati, e che non vengono mai rimossi.

L'avvelenamento non riguarda solo il salmone: interessa tutti i pesci allevati intensivamente (vedi trote, orate, spigole), i quali, colmi di tossine ed inquinanti di vario tipo, non fanno altro che indurre malattie di ogni genere, di cui sono ben consci scienziati del mare, nonchè medici e veterinari.

Non ci resta che consumare quello surgelato, commercializzato da industrie che lo pescano in zone più o meno ancora incontaminate del pianeta, in particolare il merluzzo, ottimo per tutti, dall'infanzia alla tarda età.

Al più, pesci di piccola taglia, e di mare ancora teoricamente indenne da inquinamenti, per esempio, qui da noi, quelli provenienti dalle coste pugliesi e calabre.

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