mercoledì 28 novembre 2018

ERASMO DA ROTTERDAM, SU "LA FOLLIA".

Qualsiasi cosa siano soliti dire di me i mortali - infatti, non sono così sciocca da non sapere quanto si parli male della follia anche da parte dei più folli! - tuttavia sono io, io sola, ve lo posso garantire, che ho il dono di riuscire a rallegrare gli dei e gli uomini.

Eccone la prova: non appena mi sono presentata a parlare dinanzi a questa numerosa assemblea, tutti i volti si sono improvvisamente illuminati di una certa nuova e insolita letizia.


Subito, le vostre fronti si sono spianate, subito mi avete applaudito con una risata così lieta e amabile che mi è sembrato di trovarmi davanti ad un consesso degli dei di Omero, come loro tutti ubriachi di nettare e nepente, mentre prima ve ne stavate lì seduti tutti imbronciati e tristi, come se foste appena usciti dall'antro di Tofronio.


Del resto, come di solito avviene quando il sole mostra il suo bel volto dorato alla terra, o come quando, dopo un rigido inverno spirano in primavera i dolci venti di Favonio, subito ogni cosa assume un nuovo volto e riprende un nuovo colore e quasi si ammanta di una nuova giovinezza, così anche voi, non appena mi avete vista, avete assunto un altro aspetto.


E così quell'effetto che grandi oratori possono ottenere con lunghi e meditati discorsi, scacciare cioè i molesti affanni dell'animo, li ho ottenuti in un momento, con la mia sola presenza.